DIETRO LE FACCIATI

 Sei presente nel panorama dell'architettura francese non solo con opere tra le più significative, ma anche con un tuo preciso impegno nel dibattito e nell'insegnamento. Allora, puoi dirci come vanno l'architettura et l'urbanistica di Parigi, in questo periodo? 

La città è sempre stata controllata dall'Atelier Parisien d'Urbanisme (APUR) e dalle norme dello Schema urbanistico della regione parigina (SDAU), Schéma Directeur d'Aménagement et d'Urbanisme), ma ora ci si sta accorgendo che un progetto di architettura vale più di un piano urbanistico. A Parigi si è sempre costruito molto, ma male. Ora invece si costruisce meglio, da quando cioè "la città" è diventata --per l'attuale generazione di architetti-- un riferimento importante e la parte più interessante del suo patrimonio non viene così distrutta. Due cose vanno sotolineate. La prima è che la città non si sviluppa più in maniera selvaggia, ma si interviene ripensando di nuovo il problema dell'architettura in termini urbani. La seconda riguarda l'attuale presunto cambiamento: non si deve dimenticare che l'egemonia dell'Académie des Beaux-Arts aveva tagliato fuori di Francia da tutti i movimenti culturali, mentre oggi si guarda di nuovo a lei. Anche se si copia ciò che si fa altrove, la Francia si è reinserita nel circuito internazionale.

Forse, più che dalla nuova qualità architettonica, all'estero si è colpiti dalla nuova attività progettuale e di realizzazioni, dovuta anche alla politica deil "grandi progetti" e ai relativi recenti concorsi internazionali...

È vero che la Francia è il solo paese dove anche uno straniero può vincere un concorso (penso per contrasto al concorso della Bicocca...). Ma alla base dell'attuale rinnovo dell'architettura francese ci sono anche la buona volontà e l'entusiasmo dei responsabili degli organi decisionali. È vero che l'entusiasmo li porta a volte anche a decidere delle attrocità, ma in compenso sonno davvero riusciti a smuovere un certo immobilismo. Ora, qui, è soprattutto cambiata la politica degli incarichi, certamente anche a cause dell'affermarsi delle nuove generazioni di architetti, i quali, sostenuti dal peso di un discorso più solido, più convincente e un po' seduttore, sono riusciti, in un certo senso, a farsi valere e a prendere il sopravvento sulle posizioni degli architetti della generazione precedente. Non bisogna dimenticare che ciò lo si deve in buona parte proprio a Bofill. È stato lui, infatti, a introdurre in Francia la figura dell'architetto con un nuovo status e a imporla nel mondo pubblico.

In un'intervista a "LArchittecture d'Aujourd'hui", accennando all'attuale orientamento dell'architettura a Parigi, affermavi che si sta costruendo "per pezzi", senza che vi sia dietro un progetto più ampio... "Non è chiamando tre buoni architetti che si fa una politica per in futuro della città. Per il momento, predomina su tutto l'eredità haussmanniana, che riesce a riqualificare anche le realizzasioni più mediocri"

È un po' la stessa crtitica che faccio ai grandi progetti del periodo mitterrandiano, che non credo passerà alla storia per aver avuto molte idee... Mi sembra cioè che si punti tutto sulle opere, su realizzazioni sempre più importanti individualmente, ma dietro le quali non si intravede alcun vero disegno per la città, neppure a lungo termine. Per esempio, il piano-programma per il settore est è stato dettato del fatto che era l'unico a offrire ancora delle possibilità di sviluppo... 

Ho l'impressione che oggi ci sia la volontà di fare di Parigi una città contemporanea, ma solo attraverso un rinnovo urbano "esteriore" che, sostanzialmente, non cambia nulla per la città. Si dovrebbe invece intervenire sullo spazio urbano "interno" che, secondo me, resta tutto da ripensare, da ristrutturare, cosa che non si pu certo fare individualmente, da un singolo architetto. Ecco, i grandi progetti, come le altre realizzazioni di questo periodo, arricchiscono la città di "edifici" non di un nuovo spazio urbano.

Un altro problema, che non è affatto affrontato dagli architetti di oggi, è quello relativo all'abitazione. Si sono costruite delle faccciate, che magari si integrano anche bene alle strade parigine, ma non si è rinnovato affatto lo spazio che sta dietro le facciate. L'abitazione, uno dei grandi temi del movimento moderno, è ancora di grande attualità; invece di copiare le facciate degli anni 20, 30 e 50, sarebbe bene riprenderlo e studiarlo in maniera nuova.

Interview de Luciana Miotto dans son dossier PARIS du numéro 44 de la revue "Spazio e Società" Milan, octobre-décembre 1988